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Rapporto tra Acquedotto Pugliese e morosi, la decisione del Tar di Lecce

10 agosto 2016 - Ore 10:27

faucet2La Prima Sezione del Tribunale Amministrativo di Lecce, ha accolto tre ricorsi avanzati dall’AQP, e con le tre successive sentenze ha deciso che il sindaco non può usare il proprio potere, attraverso ordinanza, per obbligare il fornitore dell’acqua pugliese a ripristinare il servizio idrico a favore di Condomini colpiti da morosità persistente e consolidata.

Si ricordi che l’AQP è una società pubblica che viene controllata dalla
Regione Puglia.

Nello specifico la controversia è nata a causa dei provvedimenti emessi dal sindaco di Nardò, che agli inizi di Maggio ha ordinato all’AQP di ripristinare il servizio idrico a favore di un serie di condomini nelle vie Pompiliano, San Francesco d’Assisi e nelle piazze Primo Maggio e Martiri delle Foibe.
Queste ordinanze non sono state le prima del genere, ma anche altri sindaci in passato hanno usato il medesimo modus operandi, in particolare poi, gli edifici di Nardò in questione sono complessi di edilizia popolare dell’Arca Sud Salento, che è un’agenzia pubblica che oramai sostituisce i vecchi IACP (Istituti autonomi case popolari) della Puglia.
Il Tar del Salento, ha rilevato che ”lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente”, ex. artt. 50 e 54 T.U. enti locali, non può essere utilizzato dal Comune, in quanto “estraneo al rapporto contrattuale gestore-utente, per vietare al gestore del servizio idrico l’interruzione della fornitura nei confronti di singoli utenti morosi, impedendo in tal modo al medesimo gestore di azionare i rimedi di legge tesi ad interrompere la somministrazione di acqua nei confronti di utenti non in regola con il pagamento della prevista tariffa».
Il Tar, richiama quindi anche le sentenze precedenti per il quale: “l’utilizzo, da parte del sindaco di Nardò, del potere di ordinare alla società Aqp spa il ripristino della fornitura idrica in favore di alcuni condomini, risultati ripetutamente inadempienti all’obblligo di pagare gli oneri di utenza, costituisce indebita interferenza dell’autorità amministrativa in una controversia concernente il mancato adempimento di obblighi di natura contrattuale”.
Il Tribunale amministrativo di Lecce poi pone l’attenzione sui punto nodali, e cioè “l’uso anomalo del potere di ordinanza” e il “difetto della condizione indispensabile di provvisorietà dell’atto emanato con i poteri contingibili e urgenti”. Questo “ricorso all’ordinanza di necessità ed urgenza si configura quale extrema ratio nell’ordinamento, ossia quale rimedio straordinario che l’amministrazione ha a disposizione per fronteggiare situazioni eccezionali ed imprevedibili, non altrimenti governabili. Questa fisionomia peculiare dell’ordinanza fa sì che uno dei suoi caratteri immancabili sia quello della provvisorietà allo scopo evidente di non istituzionalizzare situazioni emergenziali”.
È una conseguenza logica quindi che “nella fattispecie risulta chiaro il fatto che il potere di ordinanza extra ordinem è stato più volte esercitato dal sindaco, il che già di per sé contraddice la straordinarietà e l’eccezionalità dello strumento”.
Il Tar quindi ha condannato il Comune di Nardò anche al pagamento delle spese legali.

L’Aqp ha commentato la sentenza adducendo che: “Ai condomini morosi protagonisti della vicenda, Aqp ha più volte nel tempo concesso un piano di dilazione, sempre totalmente disatteso. Il provvedimento di sospensione del servizio è stato eseguito solo a seguito di molteplici, infruttuosi solleciti di pagamento e conseguenti tentativi di recupero bonario dei crediti. Inoltre è opportuno specificare che le modalità di incasso dai clienti sono disciplinate dalla Carta dei Servizi definita dall’Autorità idrica pugliese a cui Aqp è tenuto ad attenersi”. ‘ente del servizio idrico ha poi aggiunto che “l’acqua, ancorché un diritto in quanto bene comune, impone anche doveri. In capo alla collettività quella di contribuire al mantenimento degli standard di qualità del servizio richiesti. Il servizio svolto da Acquedotto pugliese ha un costo e viene svolto senza alcun intervento della fiscalità generale, ma semplicemente grazie al pagamento di un corrispettivo da parte dei titolari dei contratti di somministrazione che, con la correttezza dei loro comportamenti, garantiscono a tutti la fruibilità del bene”, e conclude poi mettendo in luce che “qualsivoglia forma di intervento, pur astrattamente riconducibile ad interventi istituzionali, di fatto finisce per legittimare una condotta dilatoria a discapito dell’intera collettività che adempie puntualmente ai pagamenti”.

Categoria: News, Sentenze
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